La quinta sezione penale della Corte di Cassazione si è espressa con sentenza n. 32261 del 25 luglio 2023 confermando la falsità ideologica commessa dal datore di lavoro che ha falsamente attestato la partecipazione dei suoi dipendenti ai corsi di formazione.

 IL FATTO

 Il datore di lavoro ha falsamente attestato la partecipazione di alcuni dipendenti a corsi di formazione effettuati presso la sua azienda.

A ricorrere è lo stesso datore di lavoro in base ai tre motivi seguenti:

  • La Corte d’Appello di Torino avrebbe omesso di motivare il giudizio di attendibilità delle dichiarazioni dei testimoni con cui l’impresa ha contenziosi in corso, considerando invece inattendibile uno dei tre testimoni. È stata inoltre negata la perizia grafologica sulle firme dei partecipanti ai corsi e l’audizione di uno dei testimoni. In sostanza il datore di lavoro ritiene che non sia stato provato il suo concorso nel reato per il quale risulta invece condannato il docente incaricato di tenere i corsi e di compilare i registri di partecipazione ai corsi.
  • Viene ritenuto eccessivamente punitivo il trattamento sanzionatorio senza aver tenuto in considerazione le circostanze attenuanti generiche: la Corte d’Appello di Torino avrebbe infatti valorizzato la produzione della falsa documentazione connotante particolare astuzia dell’azione, ma avrebbe trascurato l’assenza di dolo da parte del datore di lavoro.
  • Lamenta vizi motivazionali e violazione di legge, riproponendo le censure svolte nei primi due motivi, quanto all’affermazione di responsabilità e alla dosimetria della pena.

 IL PARERE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

 La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile.

In particolare, si evidenzia che tutti i dipendenti hanno negato di avere frequentato il corso e che è stato ritenuto inattendibile il solo testimone che corrisponde al lavoratore coinvolto nell’infortunio, a seguito del quale il datore di lavoro ha prodotto la falsa documentazione oggetto del processo.

I giudici di merito hanno pertanto concluso per la falsità dell’attestazione di partecipazione dei dipendenti ai corsi di formazione, anche senza che venga svolta la perizia grafologica.

Inoltre, nessuno dei dipendenti conosceva il docente e non è nota la modalità con cui il datore di lavoro abbia verificato l’effettivo svolgimento dei corsi per potere predisporre la documentazione attestata; pertanto, nel comportamento del datore di lavoro sussiste il dolo.

La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito che la esercita, così come per fissare la pena base. Inoltre, in merito alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, il giudice di merito fa riferimento a elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti, pertanto, è giustificata con motivazione esente da manifesta illogicità.