Ansia da molestie e lavoro notturno: le responsabilità datoriali. Cosa dice la Cassazione
Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce gli obblighi dei datori di lavoro nella valutazione del rischio da stress lavoro-correlato e le responsabilità in caso di omissioni
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione penale (Sez. 4, sentenza n. 14799 del 15 aprile 2025) ha riportato al centro dell’attenzione il tema della salute mentale nei luoghi di lavoro e delle responsabilità datoriali in merito alla valutazione dei rischi psicosociali.
Il caso: condotte moleste e lavoro notturno continuativo
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava una lavoratrice costantemente impiegata nei turni notturni da un caporeparto magazzino uscita merci, che avrebbe:
esercitato pressioni affinché la dipendente lavorasse anche durante periodi di malattia;
rivolto offese verbali gravi;
avanzato richieste di natura sessuale;
assegnato incarichi inutili o umilianti;
esercitato condizionamenti anche nella vita personale.
Il tutto ha condotto all'insorgenza di disturbi da panico e ansia, con evidenti impatti sulla salute psicologica della lavoratrice.
Omissioni nella valutazione del rischio e ruoli aziendali coinvolti
Tra i soggetti inizialmente condannati in primo grado figuravano:
il procuratore speciale della ditta, responsabile per gli obblighi ex D.Lgs. 81/2008;
il coordinatore regionale logistica e il coordinatore amministrativo regionale, entrambi titolari di responsabilità operative e gestionali.
I giudici avevano rilevato che il documento di valutazione dei rischi (DVR) fosse generico, non aggiornato e privo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, redatto senza il coinvolgimento del RLS e non sottoscritto dal datore di lavoro effettivo.
La pronuncia della Corte d’appello e il ricorso in Cassazione
In secondo grado, la Corte d’Appello di Bologna aveva assolto gli imputati, ritenendo non provato il nesso tra il disturbo ansioso e l’attività lavorativa, attribuendo la sintomatologia alla fibromialgia della vittima.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello limitatamente agli effetti civili, criticando duramente la mancata confutazione tecnica delle argomentazioni del primo grado.
In particolare, la Cassazione ha sottolineato che:
il giudice d’appello deve motivare in modo puntuale quando riforma una sentenza;
testimonianze mediche (USL, psicologi, psicoterapeuti) collegavano chiaramente l’origine del disturbo all’ambiente lavorativo;
la mancata valutazione del rischio psicosociale costituisce una grave lacuna organizzativa sanzionabile.
Lezioni apprese: riflessioni tecniche e normative
Questa sentenza rappresenta un precedente importante in ambito di salute mentale e organizzazione del lavoro, con implicazioni pratiche per RSPP, datori di lavoro e consulenti:
La valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato non può essere trascurata;
La sorveglianza sanitaria deve essere attivata in caso di esposizione continuativa a rischi psicosociali;
La responsabilità datoriale è condivisa con le figure di vertice dotate di autonomia decisionale;
Il coinvolgimento del RLS è obbligatorio per la validità del DVR;
Le decisioni giudiziarie in riforma devono fondarsi su motivazioni robuste e tecnicamente argomentate.
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